Teofilo Folengo ( 1491 – 1544 )


La vita

Figlio di un notaio mantovano e ottavo di nove fratelli, Folengo, il cui nome di battesimo era Gerolamo, nacque a Cipada vicino Mantova nel 1491 (1496 secondo alcuni studiosi).

Mostro’ una grande vivacita’ di ingegno e abilita’ nel comporre versi. A 16 anni entro’ nel monastero di S. Eufemia vicino Brescia – di proprieta’ dei benedettini al quale ordine apparterra’fino alla sua morte - e a 18 anni divento’ membro dell’ordine col nome di Teofilo. Per parecchi anni passo’ una vita regolare da monaco e scrisse versi in stile virgiliano. Dopo il 1516 abbandono’ la vita monastica per una donna di nome Girolama Dieda con cui per vari anni convisse soffrendo spesso in grande poverta’ e non avendo come aiuto altro che il suo talento di scrivere.

In questo periodo -1517/1524 - pubblicò con lo pseudonimo di Merlin Cocai il “Liber macaronicus”, che comprendeva, tra gli altri testi, la prima versione del poema epico “Baldus” di 6230 versi; ne pubblicò nel 1521 una seconda edizione, aumentata e rielaborata, cui diede il titolo di Opera del poeta mantovano Merlin Cocai dei Macheronici (Opus Merlini Cocai poetae mantuani Macaronicorum). In essa, oltre al Baldus, assumono particolare importanza le ecloghe della “Zanitonella”, che cantano l'amore non corrisposto del contadino Tonello per Zanina, e il poema eroicomico in tre libri “Moschea”, che narra la guerra vittoriosa delle formiche contro le mosche.

Nel 1525 fu espulso dall’ordine per motivi non chiari insieme al fratello Giambattista e si trasferi’ a Venezia dove si mantenne prima attraverso l’attività editoriale poi entrando, come precettore, a servizio di Camillo Orsini, capitano della Repubblica. Qui pubblica nel ’26 due opere in volgare italiano, “l’Orlandino” (1526) (una parodia del poema cavalleresco dedicato agli amori di Milone e Berta e all’infanzia del figlio Orlando), e “Il Caos del Triperuno” (1527) un testo allegorico di difficilissima interpretazione che, in versi e in prosa e mescolando maccheronicamente latino e italiano, espone allegoricamente le proprie precedenti tendenze eretiche e, infine, afferma la sua professione di fede con l’opera "Moschaea", che in tre libri di distici maccheronici riferisce - un po alla moda della "Batrachiomachia" e dei romanzi cavallereschi - la vittoria delle formiche sulle mosche, e prelude il poema eroicomico italiano del XVII secolo.

Riammesso nell’ordine nel ’34 trascorse tre anni di vita eremitica dapprima sul monte Conero presso Ancona, poi in diverse località dell'Italia meridionale e in particolare nella penisola sorrentina a San Pietro di Crapolla in Campania; qui fece la conoscenza della poetessa Vittoria Colonna che lo spinse a scrivere il poema sacro “L’umanità del figliuolo di Dio, (1535) in parte probabilmente per fare riparazione della vis polemica e trasgressiva delle opere precedenti. Tra il 1535 e il 1540 pubblicò la terza edizione della sua opera con il titolo “Macaronicorum” e scrisse in latino i poemi “Janus”(1535), in cui esprime il suo pentimento per le cose scritte prima, ed il ”Varius”.

Come si legge nell’Enciclopedia Cattolica, Folengo visse per sette anni ( dal 1537 al 1542) in Sicilia, e durante questo tempo fu nominato Priore del Monastero di Santa Maria delle Ciambre in territorio di Borgetto (PA).

Poi approdo’ alla corte del vicere Ferrante I Gonzaga su ordine del quale scrisse, nel 1542, sotto lo pseudonimo di Marlin Coccaio, la prima rappresentazione sacra della quale si ha notizia in Sicilia: "L’Atto della Pinta".

A questi anni, appartengono altre opere di edificazione in latino e in volgare: un poema sacro in terzine “La Palermitana” ed il poema latino rimasto incompiuto “Hagiomachia” (vite di martiri) in cui descrive, in esametri latini, le vite di 18 santi. Curo’ anche la quarta e ultima edizione dell'opera principale, pubblicata postuma con modifiche nel 1552.

Nel 1542 fu assegnato al monastero Santa Croce di Campese, presso Bassano del Grappa dove morì il 9 dicembre 1544.



Un contributo significativo allo studio dell'opera di Teofilo Folengo , nel periodo della sua permanenza al Monastero delle Ciambre a Borgetto, è stato dato dal nostro concittadino Dr. Salvatore Davì   che ha scritto il libro " Teofilo Folengo alle Ciambre di Borgetto" , a cui dedichiamo una pagina nella Rubrica Scrittori di Borgetto di Ieri e d'Oggi.